La buona novella

From Seeds of the Word, the encyclopedia of the influence of the Gospel on culture
La buona novella
Studio album by
ReleasedNovember 1970
Recorded1970
GenreFolk
Length35:27
LanguageItalian, Latin
LabelProduttori Associati
ProducerRoberto Dané
Fabrizio De André chronology
Vol. 3°
(1968)
La buona novella
(1970)
Non al denaro non all'amore né al cielo
(1971)
Alternative cover
Alternative cover of the original release
Alternative cover of the original release
Professional ratings
Review scores
SourceRating
Allmusic4.5/5 stars[citation needed]

La buona novella [i.e. The Good News] is the name of the fourth studio album by Italian singer-songwriter Fabrizio De André, released in 1970. Its plot revolves around the New Testament apocrypha, particularly the Gospel of James and the Syriac Infancy Gospel(as can be seen in the cover notes).

Following the style of Apocryphal literature, the narration in the album focuses more on the human and less on the spiritual aspects of some of the traditional biblical personages (such as Saint Joseph), and gives more consideration to minor personages of the Bible, who become the protagonists (for example, Titus and Dumachus, the thieves crucified alongside Jesus (in other apocrypha such as the Gospel of Nicodemus, an apocryphal gospel of the the 4th century A.D., the thieves names are Dismas and Gesta).

Fabrizio explained the inspiration for this album during a concert in the Brancaccio Theatre:

Quando scrissi "La buona novella" era il 1969. Si era quindi in piena lotta studentesca e le persone meno attente - che sono poi sempre la maggioranza di noi - compagni, amici, coetanei, considerarono quel disco come anacronistico. Mi dicevano: "Ma come? Noi andiamo a lottare nelle università e fuori dalle università contro abusi e soprusi e tu invece ci vieni a raccontare la storia - che peraltro già conosciamo - della predicazione di Gesù Cristo." Non avevano capito che in effetti La Buona Novella voleva essere un'allegoria - era una allegoria - che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta del '68 e istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate ma da un punto di vista etico sociale direi molto simili, che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell'autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù di Nazaret e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. Non ho voluto inoltrarmi in percorsi, in sentieri, per me difficilmente percorribili, come la metafisica o addirittura la teologia, prima di tutto perché non ci capisco niente; in secondo luogo perché ho sempre pensato che se Dio non esistesse bisognerebbe inventarselo. Il che è esattamente quello che ha fatto l'uomo da quando ha messo i piedi sulla terra. Ho quindi preso spunto dagli evangelisti cosiddetti apocrifi. Apocrifo vuol dire falso, in effetti era gente vissuta: era viva, in carne ed ossa. Solo che la Chiesa mal sopportava, fino a qualche secolo fa, che fossero altre persone non di confessione cristiana ad occuparsi, appunto, di Gesù. Si tratta di scrittori, di storici, arabi, armeni, bizantini, greci, che nell'accostarsi all'argomento, nel parlare della figura di Gesù di Nazaret, lo hanno fatto direi addirittura con deferenza, con grande rispetto. Tant'è vero che ancora oggi proprio il mondo dell'Islam continua a considerare, subito dopo Maometto, e prima ancora di Abramo, Gesù di Nazaret il più grande profeta mai esistito. Laddove invece il mondo cattolico continua a considerare Maometto qualcosa di meno di un cialtrone. E questo direi che è un punto che va a favore dell'Islam. L'Islam quello serio, non facciamoci delle idee sbagliate.

— Fabrizio de André, Concert in the Brancaccio Theatre (February 14th 1998)

Contenuto

Attraverso i Vangeli apocrifi, scelti come traccia da seguire per elaborare la trama del disco, emerge la vocazione umana e terrena, quindi provocatoria e rivoluzionaria della figura storica di Gesù di Nazareth, già narrata in Si chiamava Gesù[1]. In questo album la figura di Cristo è narrata attraverso quella dei personaggi che hanno a che fare con lui e la sua storia, mentre appare direttamente come protagonista solo nella canzone Via della Croce.

La narrazione, introdotta da un Laudate Dominum, inizia raccontando L'infanzia di Maria: la piccola Maria vive un'infanzia terribile segregata nel tempio ("dicono fosse un angelo a raccontarti le ore, a misurarti il tempo fra cibo e Signore"); l'impurità delle prime mestruazioni ("ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio, la tua verginità che si tingeva di rosso") provocò il suo allontanamento e la scelta forzata di uno sposo; il matrimonio avviene con un uomo buono ma vecchio, il falegname Giuseppe ("la diedero in sposa a dita troppo secche per chiudersi su una rosa") che la sposa per dovere e la deve poi lasciare per quattro anni per lavoro.

Ne Il ritorno di Giuseppe si può cogliere la fatica della vita di Giuseppe; nel suo ritorno a casa porta una bambola per Maria, e la trova implorante affetto e attenzione. Il sogno di Maria riporta la scena nel tempio. In un sogno l'angelo che usava farle visita la porta in volo lontano "là dove il giorno si perde"; lì le dà la notizia della futura nascita di un bimbo; il testo allude ad un concepimento più terreno di quello raccontato dai vangeli canonici. Al risveglio Maria capisce di essere incinta ("parole confuse nella mia mente, svanite in un sogno ma impresse nel ventre") e si scioglie in pianto.

La maternità inaspettata ("ave alle donne come te Maria, femmine un giorno e poi madri per sempre"), si esprime in Ave Maria, un omaggio alla donna nel momento del concepimento.

Dalla letizia che traspare in Ave Maria il passaggio a Maria nella bottega d'un falegname è drastico: il ritmo dato dalla pialla e dal martello scandiscono il dolore straziante del falegname che costruisce la croce ("tre croci, due per chi disertò per rubare, la più grande per chi guerra insegnò a disertare") con la quale il figlio di Maria ed i due ladroni verranno crocifissi.

Via della croce è una delle canzoni in cui De André lascia trasparire i suoi pensieri e i suoi sentimenti anarchici: "il potere vestito d'umana sembianza ormai ti considera morto abbastanza".

Non appena i tre condannati vengono crocifissi, le loro rispettive Tre Madri stanno adagiate sotto le croci per confortarli. Le due donne dicono a Maria che non ha alcuna ragione di piangere così "forte", dal momento che sa che suo figlio, al contrario dei loro, "alla vita, nel terzo giorno, [...] farà ritorno". La canzone si conclude con le parole di Maria che spiegano il motivo della sua tristezza: "non fossi stato figlio di Dio/t'avrei ancora per figlio mio".

Ne Il testamento di Tito vengono invece elencati i dieci comandamenti, analizzati dall'inedito punto di vista di Tito, il ladrone pentito crocifisso accanto a Gesù; i nomi dei ladroni variano da vangelo a vangelo (Dimaco/Gesta Tito/Disma): Tito è il ladrone buono nel vangelo arabo dell'infanzia (l'altro è chiamato Dimaco). Per quanto riguarda la musica, la prima strofa incomincia semplicemente con la voce ed un leggero accompagnamento con la chitarra, crescendo sempre più in strumenti e accompagnamenti fino all'ultima strofa. "È insieme ad Amico fragile - dichiarò De André - la mia miglior canzone. Dà un'idea di come potrebbero cambiare le leggi se fossero scritte da chi il potere non ce l'ha. È un altro di quei pezzi scritti col cuore, senza paura di apparire retorici, che riesco a cantare ancora oggi, senza stancarmene."[2] Michele Maisano, uno dei cantanti italiani più famosi degli anni sessanta, e per qualche tempo uno dei migliori amici di De André, che lo aveva conosciuto alla Ricordi, nel 1963[3], ricordava: "Fabrizio scrisse il Testamento di Tito canticchiandolo sulla famosa Blowin' in the wind di Bob Dylan; il problema era quindi comporre una musica che rispecchiasse quello spirito ma con una matrice un po' più italiana. Ci siamo quindi messi al lavoro io e Corrado Castellari, allora il mio autore preferito, ed è venuta fuori la musica del Testamento di Tito. La parte più bella l'ha composta Castellari." [4]

L'opera termina con una sorta di canto liturgico (Laudate hominem) che incita a lodare l'uomo, e non in quanto figlio di un dio, ma in quanto figlio di un altro uomo, quindi fratello.

Tracks

  • All lyrics written by Fabrizio De André.
  • All songs composed and arranged by Fabrizio De André and Gian Piero Reverberi, except where noted.

All tracks are written by Fabrizio De André, except where noted.

Side one
No.TitleLength
1."Laudate dominum"0:22
2."L'infanzia di Maria"5:01
3."Il ritorno di Giuseppe"4:07
4."Il sogno di Maria"4:06
5."Ave Maria"1:54
Side two
No.TitleMusicLength
6."Maria nella bottega del falegname" 3:15
7."Via della Croce" 4:33
8."Tre madri" 2:56
9."Il testamento di Tito"De André, Corrado Castellari5:51
10."Laudate hominem" 3:26
  1. Brunialti, Alessio (2007). "Concept: 100 album fondamentali". Mucchio Extra (in Italian). Stemax Coop.
  2. Ansaldo 2015, p. 91.
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